La funzione uditiva.
E' noto che il suono si propaga in un mezzo per onde
di compressione e rarefazione; limitando il discorso al
mezzo aereo, i mammiferi hanno messo a punto un sistema
atto a captare (orecchio esterno) e a trasmettere (orecchio
medio) tali vibrazioni all'organo dell'udito vero e proprio,
la coclea, ove tali segnali vengono trasformati in segnali
elettrici che, tramite le vie acustiche, raggiungono la
corteccia cerebrale uditiva ove vengono percepiti, e quindi
interpretati tali segnali.
Il padiglione uditivo ed il condotto uditivo esterno
costituiscono nel loro insieme un canale aereo atto a
raccogliere le onde acustiche ed a convogliarle sulla
membrana timpanica che chiude il condotto uditivo stesso.
Si tratta di una membrana dotata di grande flessibilità
ed elasticità che viene quindi fatta facilmente vibrare
dalle onde acustiche.
Sulla faccia interna della membrana timpanica è fissato
un sistema di leve (la catena degli ossicini: martello,
incudine, staffa) che consente di trasmettere le vibrazioni
del timpano fino alla finestra ovale, e da questa all'organo
dell'udito propriamente detto (l'organo del Corti).
La catena degli ossicini tuttavia non costituisce un
sistema di trasmissione totalmente passivo ma consente
di modulare (amplificare o ridurre) la vibrazione timpanica.
Il processo di amplificazione è ottenuto in modo assai
semplice ed ingegnoso; l'area della membrana timpanica
infatti è circa 20 volte maggiore di quella della finestra
ovale; a livello di quest'ultima pertanto la pressione
delle onde acustiche risulterà circa 20 volte maggiore
rispetto a quella che ha colpito il timpano.
L'efficienza di trasmissione della catena degli ossicini,
e quindi la quantità di energia che viene trasferita alla
finestra ovale, può essere ampiamente ridotta dall'attività
di due piccoli muscoli, lo stapedio ed il tensore del
timpano.
La contrazione del primo fa sì che la staffa tenda a
spostarsi al di fuori della membrana ovale, e quindi a
trasferire meno energia alla membrana ovale stessa, mentre
la contrazione del secondo, agendo sul martello, aumenta
la tensione della membrana timpanica e quindi, riducendone
l'elasticità, ne limita le escursioni.
Pertanto, se i suoni sono deboli i due muscoletti sono
totalmente rilassati ed il sistema timpano-catena degli
ossicini trasferisce il massimo dell'energia possibile
alla finestra ovale mentre se i suoni sono più intensi
i muscoletti si contraggono progressivamente attenuando
(fino a circa 100 volte, vale a dire 40 dB) il segnale
acustico.
Questo particolare riflesso nervoso, noto come riflesso
timpanico, ha chiare funzioni protettive nel senso che
tende ad attenuare stimolazioni acustiche troppo intense
che potrebbero danneggiare le delicate strutture che compongono
l'organo dell'udito.
Tuttavia il tempo necessario per evocare questo riflesso
è compreso tra 50 e 150 ms; questo riflesso quindi non
può proteggere l'orecchio da suoni molto intensi e brevi
quali ad esempio uno sparo; stimoli molto intensi infatti
possono causare danni irreparabili di alcune porzioni
cocleari.
Ma veniamo ora a descrivere brevemente l'organo sensoriale
vero e proprio.
Si tratta di un canale membranoso della lunghezza di
circa 35 mm ed avvolto su se stesso fino a formare una
struttura a spirale di 2 giri e ¾ (la coclea).
Il canale cocleare è diviso longitudinalmente da due
membrane, la membrana basilare e la membrana vestibolare
(o di Raissner) in tre parti denominate scala vestibolare,
scala media e scala timpanica. La scala media è ripiena
di endolinfa mentre le altre due scale sono ripiene di
perilinfa.
La parte sensoriale (vale a dire quella che analizza
le onde sonore) della coclea è rappresentata dall'organo
del Corti; tale organo è appoggiato sulla membrana basilare
e si estende per tutta la lunghezza della coclea stessa.
L'organo del Corti è costituito da numerose popolazioni
cellulari di cui, da un punto di vista funzionale, le
più importanti sono le cellule sensoriali i cui processi
ciliati, dopo aver attraversato una lamina cribrosa (la
lamina reticolare), si portano in vicinanza od entrano
in contatto con la membrana tettoria che li sovrasta.
Le cellule ciliate sono poste ai lati di una duplice
fila di particolari cellule di sostegno, i pilastri del
Corti, a loro volta ancorati sulla membrana basilare.
Le cellule ciliate sono ordinate su file di cui tre si
trovano all'esterno del pilastro del Corti (cellule ciliate
esterne; sono circa 20.000) ed una al suo interno (cellule
cilate interne; circa 3-4.000).
Solo le ciglia delle cellule ciliate esterne, ma non
di quelle interne, sono immerse nella membrana tettoria.
Le fibre nervose che contattano le cellule ciliate e che
trasportano le informazioni acustiche verso SNC, provengono
da cellule nervose che, nel loro insieme, costituiscono
il ganglio spirale.
E' interessante notare che circa il 90-95% delle fibre
nervose innerva le cellule ciliate interne, vale a dire
quelle meno numerose, mentre solo il 5-10% delle fibre
nervose si distribuisce alle cellule esterne.
Di contro la maggior parte delle fibre nervose efferenti
(vale a dire di quelle fibre nervose che provengono dal
SNC e si portano verso la coclea) innervano le cellule
ciliate esterne.
Questo arrangiamento è, come vedremo, di particolare
importanza per la funzione uditiva.
L'attivazione delle cellule ciliate è, come tutti i processi
biologici, affidata ad una serie di meccanismi ionici
e neurosecretori assai complessi che esulano dallo scopo
puramente divulgativo di questa trattazione.
Cercherò tuttavia di descrivere, seppure a grandi linee,
i principali eventi che consentono di trasformare l'attivazione
delle cellule ciliate in scariche di potenziali d'azione
che, tramite le vie acustiche, raggiungeranno le aree
acustiche corticali.
Il movimento della staffa contro la finestra ovale produce
corrispondenti onde di compressione e rarefazione nel
liquido contenuto nella scala vestibolare.
Tale oscillazioni, essendo la membrana di Reissner estremamente
sottile e flessibile, vengono prontamente trasmesse alla
scala media e, da questa, alla membrana basilare su cui
si trova l'organo del Corti.
Durante l'onda di compressione pertanto la membrana basilare
tenderà a flettersi verso la scala timpanica mentre durante
l'onda di rarefazione tenderà a flettersi verso la scala
vestibolare.
Le caratteristiche visco-elastiche della membrana basilare,
fanno sì che le frequenze più elevate (suoni acuti) facciano
oscillare più efficacemente quelle porzioni di membrana
poste vicino alla finestra ovale mentre le frequenze più
basse (suoni gravi) facciano oscillare le porzioni terminali
della membrana stessa, vale a dire le porzioni poste verso
le regioni apicali della coclea stessa.
Inoltre, sempre le caratteristiche della membrana basilare,
fanno sì che la zona di massima oscillazione sia limitata
ad un tratto molto piccolo della membrana stessa.
In tal modo, solo un piccolo gruppo di cellule ciliate,
ma non altre, saranno sollecitate da quella particolare
frequenza sonora.
Questo permette di analizzare con grande precisione il
segnale acustico e di percepire anche piccole variazioni
di frequenza, e quindi del tono dello stimolo sonoro.
Assai interessante è il ruolo giocato dalle cellule ciliate
interne ed esterne nella funzione uditiva.
Le cellule ciliate interne, seppure in numero minore
rispetto a quelle esterne, sono le vere cellule uditive,
nel senso che sono loro che, liberando un particolare
neurotrasmettitore, il glutammato, attivano le fibre nervose
afferenti che trasportano l'informazione sensoriale dall'organo
del Corti verso il SNC.
Le cellule ciliate esterne infatti non hanno funzione
propriamente uditiva; queste cellule, come detto, ricevono
una poderosa innervazione efferente (cioè di origine centrale)
in grado di provocarne l'accorciamento.
Ora, essendo le cellule ciliate esterne connesse, tramite
le cellule di Deiters, alla membrana basilare, i loro
movimenti sono in grado di modificare le proprietà vibratorie
della membrana stessa e quindi di modificare il guadagno
dell'organo sensoriale verso particolari frequenze.
Questo consente un'ampia trattazione dei suoni e quindi
di esaltare, deprimere e persino "inventare" frequenze
acustiche.
Occupiamoci ora di come i vari parametri che costituiscono
uno stimolo acustico vengano trasformati in una serie
di potenziali d'azione che, tramite il nervo acustico,
raggiungono il SNC; questo processo va sotto il nome di
"codificazione" dell'informazione sensoriale.
Un suono è generalmente costituito da una miscela complessa
di toni puri i quali, a loro volta, sono caratterizzati
da tre parametri fondamentali: durata, intensità e frequenza;
quest'ultima, vale a dire la frequenza dell'oscillazione,
è quella che determina il tono (acuto o grave) del suono
stesso.
Vi è tuttavia un problema di base: abbiamo detto che,
grazie alle sue proprietà, la membrana basilare è in grado,
a secondo della frequenza del suono, di attivare gruppi
discreti di cellule ciliate.
Tuttavia, mentre le frequenze acustiche percepibili arrivano
fino a 20.000 Hz (20.000 impulsi al secondo) la frequenza
massima dei potenziali d'azione che si propagano lungo
le fibre nervose non può essere superiore a circa 500
Hz (ogni singolo potenziale d'azione infatti ha una durata
di circa 2 msec e pertanto in un secondo non ce ne possono
stare più di 500).
In teoria quindi non dovrebbe essere possibile percepire
suoni ad alta frequenza (superiori a 500 Hz).
Il problema è stato brillantemente risolto nel seguente
modo: le onde di compressione e rarefazione che fanno
vibrare la membrana basilare e che quindi attivano le
cellule ciliate interne, grazie al lavoro delle cellule
ciliate esterne, vengono "scomposte" in una serie di armoniche
ognuna dei quali corrisponde a una data fase dello stimolo
originale ed ognuna delle quali può quindi attivare una
data popolazione di cellule ciliate.
Pertanto, mentre per le frequenze più basse (20-500 Hz)
un numero elevato di fibre nervose trasmettono impulsi
ad ogni ciclo di oscillazione della membrana basilare,
quando la frequenza del suono aumenta ogni fibra trasmette
impulsi ogni due o più cicli di oscillazione e solo durante
una ben definita fase dell'onda sonora.
In questo modo la frequenza dei suoni acuti, viene rilevata
utilizzando non singole fibre nervose ma un sistema multicanale
costituito da una più fibre nervose, ognuna delle quali
scarica unicamente durante una ben determinata fase dello
stimolo acustico.
Questi segnali, in parte elaborati lungo le vie acustiche
(soprattutto a livello del collicolo inferiore e del talamo)
raggiungono poi la corteccia uditiva, struttura organizzata
secondo precise mappe sensoriali (mappe tonotopiche) ove
danno luogo alla percezione, e quindi al riconoscimento,
dei vati tipi di onde acustiche.