ACUFENE
L'acufene o "tinnitus" è un argomento tornato prepotentemente
alla ribalta degli Otoneurologi in seguito allo sviluppo
di tutta una serie di terapie che in casi ben selezionati
si sono dimostrate estremamente efficaci.
Si distinguono due tipi di acufeni: l'acufene oggettivo
e l'acufene soggettivo.
L'acufene oggettivo, raro, è determinato da un suono
che si genera all'interno del corpo.
Generalmente è causato da anomalie vascolari che determinano
l'insorgenza di un flusso ematico turbolento che attraverso
il tessuto osseo viene trasmesso alla coclea (organo dell'udito).
Tale acufene spesso è pulsatile, sincrono con l'attività
cardiaca e può essere espressione di malformazioni artero-venose,
tumori glomici o aneurismi.
In altri casi si associa a un disturbo dell'articolazione
temporo-mandibolare, a una contrazione spontanea dei muscoli
dell'orecchio medio, a un mioclono palatale o ad una tuba
di Eustachio che patologicamente fa passare il suono dalla
rinofaringe all'interno dell'orecchio medio.
Talvolta tale suono, mediante particolari tecniche di
auscultazione, può essere udito anche dall'Otoneurologo.
L'acufene soggettivo è invece più comune e rappresenta
una percezione personale di un suono in assenza di un
qualsiasi rumore reale e pertanto non può essere percepito
all'esterno.
Varia molto nei singoli individui per frequenza e intensità
ed è sensibile alle condizioni di stress, all'attività
fisica, ma anche a certi farmaci o alimenti.
Viene di solito facilmente mascherato dagli altri suoni
e pertanto viene percepito soprattutto la notte quando
c'è silenzio.
Quando l'acufene è severo spesso si associa a ipersensibilità
ai rumori e alcuni suoni possono essere distorti e fastidiosi.
La patogenesi dell'acufene soggettivo è molto varia e
comprende l'esposizione a rumori anche non particolarmente
intensi per lunghi periodi, come anche l'esposizione brevissima
a rumori molto forti.
Frequentissimo è l'acufene in corso di Malattia di Ménière
o di otosclerosi e molto spesso è il primo sintomo a manifestarsi
nel neurinoma o nelle malformazioni artero-venose, patologie
molto gravi che devono essere immediatamente riconosciute
e curate.
Molti farmaci possono indurre acufene.
I due più noti sono l'aspirina (acido acetilsalicilico)
e alcuni antibiotici (aminoglicosidi).
Altre sostanze che possono causare l'acufene sono: diuretici
dell'ansa (furosemide, acido etacrinico), chinino, indometacina,
carbamazepina, tetracicline, litio, antipsicotici, antidepressivi
triciclici, inibitori delle monoamine ossidasi, antiistaminici,
farmaci bloccanti i recettori beta-adrenergici, anestetici
locali, steroidi, caffeina e alcool.
L'acufene causato da agenti farmacologici può essere
reversibile con la sospensione del farmaco che l'ha generato.
I meccanismi con cui queste sostanze inducono l'acufene
non è perfettamente noto, ma si pensa che quelle che determinano
sia l'ipoacusia che l'acufene agiscono a livello della
coclea, mentre quelle che causano solo l'acufene colpiscono
i nuclei uditivi tronco-encefalici.
La terapia dell'acufene è molto complessa e comprende
tecniche di mascheramento, terapia medica o chirurgica,
stimolazione elettrica o tecniche alternative come il
biofeedback.
Lo scopo di questa mia breve trattazione è di far capire
ai pazienti che l'acufene non è una malattia, ma un sintomo
e come tale deve essere indagato.
Bisogna sempre ricordare che non è normale percepire
un rumore nell'orecchio e che è l'espressione di un danno
che si sta verificando a carico dell'organo dell'udito.
Tale danno può essere banale e quindi non pericoloso
per il paziente, ma come ho spiegato precedentemente,
può essere espressione di patologie anche molto gravi
che devono essere immediatamente riconosciute e curate.
Compito dell'Otoneurologo è quindi quello di capire quale
è la causa che ha generato il problema, e, dopo aver escluso
con una visita molto attenta e scrupolosa, che il paziente
non presenti gravi patologie, trattare l'acufene con una
metodica studiata specificamente per il paziente.
VERTIGINI E/O
ACUFENI E DISORDINI CRANIO-MANDIBOLARI
Nel marzo del 1934 sul vol. 43 dell' Ann Otol Rinol Laryngol,
James B. Costen, otoiatra della Washington University
School of Medicine e dell'Oscar Johnson Institute di St.
Louis, parlò per la prima volta di una "sindrome caratterizzata
di sintomi auricolari e sinusali dipendenti dalla disturbata
funzione dell'articolazione temporomandibolare".
I sintomi che Costen aveva identificato erano nell'ordine:
ipoacusia variabile nel tempo, "fullness" soprattutto
postprandiale, lievi acufeni a bassa frequenza e raramente
schiocchi alla masticazione, lieve instabilità o crisi
vertiginose severe che si risolvevano dopo insufflazioni
tubariche, cefalea severa e costante soprattutto occipitale
e serotina, orofaringodinia urente.
Per giustificare i sintomi otologici, Costen si era immaginato
un'etiopatogenesi meccanica e più precisamente attribuiva
all'insufficienza tubarica secondaria alla malocclusione
la causa dell'ipoacusia, della fullness e persino della
vertigine.
Il vero responsabile era il capo superiore del muscolo
pterigoideo esterno che in caso di marcato "overbite"
si poteva rilassare favorendo lo schiacciamento della
tuba. Inoltre il tensore del velo, anch'esso allentato
dalla anormale posizione della mandibola, avrebbe perso
parte della sua efficienza nel determinare l'apertura
della tuba stessa.
Infine la stessa lassità capsulo ligamentosa avrebbe
determinato un'ulteriore compressione dei tessuti contro
la tuba.
Per giustificare il sintomo dolore Costen pensò a tre
meccanismi di tipo neurogeno.
Il primo è causato dall'erosione ossea glenoidea con
esposizione del ricco plesso nervoso algogeno durale del
basicranio.
Il secondo è determinato dalla compressione del nervo
auricolo-temporale da parte di un condilo ipermobile.
Infine il terzo per interessamento della corda del timpano.
Benché il modello proposto da Costen sia attualmente
superato, non si può che rimanere ammirati dalla eccezionale
intuizione di un collega otorinolaringoiatra degli anni
trenta, che per primo seppe associare disturbi della sfera
ORL con alterazioni dell'apparato della masticazione.
Allo stato attuale dell'arte si riconoscono tre teorie
fondamentali: teoria meccanica (una struttura connettivale
pseudolegamentosa presente in epoca fetale e chiamata
legamento sottile, potrebbe essere in grado di mobilizzare
la catena degli ossicini e il timpano in seguito a movimenti
dell'articolazione temporomandibolare); teoria anatomica
(irritazione del nervo auricolotemporale ma solo nei casi
di dislocazione meniscale anteromediale); teoria miogena
(ipertono dei muscoli masticatori.
L'ipertono del tensore del timpano determinerebbe onde
di iperpressione perilinfatica con disturbi sia a carico
dell'apparato udutivo che vestibolare, mentre l'ipertono
del tensore del velo non permetterebbe una corretta apertura
della tuba con disturbi a carico dell'orecchio medio).
Il dato di fatto è comunque che dopo quasi settanta anni
di studi e di ricerche che hanno decretato l'anacronismo
della sindrome di Costen, hanno ancora svelato molti meccanismi
che legano i disordini dell'articolazione temporo-mandibolare
(ATM) ai sintomi otologici e così Parker e Chole nel 1995
hanno scritto:" acufeni e vertigini sono significativamente
più presenti in pazienti affetti da patologie del ATM
rispetto a … un gruppo di controllo.
Attualmente la causa è sconosciuta …
Una cosa molto importante che deve assolutamente essere
capita è che la patologia dell'ATM non è in grado di determinare
un deficit labirintico, ma può peggiorare il controllo
posturale, e se un paziente ha già un deficit labirintico,
magari asintomatico a causa del compenso centrale, un
disturbo dell'ATM può determinare anche disturbi dell'equilibrio.
CAUSE DI DISFUNZIONE
DELL' ATM
I disturbi che possono manifestarsi a carico dell' ATM
sono molteplici, ma classicamente vengono distinti in
capsulari ed extracapsulari.
I disturbi extracapsulari determinano la sindrome miofasciale
e sono di origine muscolare, mentre quelli capsulari possono
essere determinati da un'incordinazione condilo-meniscale,
da un processo artrosico o da una sublussazione.
TERAPIA
La terapia se ben condotta è straordinariamente efficace
e nella maggioranza dei casi riduce o elimina completamente
un acufene originato da una patologia dell'ATM.
La terapia si articola su 3 livelli:
· cura di eventuali stati d'ansia e/o depressivi
(farmaci, biofeed back)
· terapia miorilassante (farmaci, fisioterapia, elettrostimolazione)
· terapia causale (molaggio selettivo, ortodonzia, protesi
con uso di placche o di bite)